Modena, Franco Cioni condannato a 6 anni per aver ucciso la moglie malata Laura Amidei

by RaiNews
La Corte di assise di Modena ha riconosciuto a un anziano, che uccise la moglie malata, l’attenuante dei motivi morali e sociali, condannandolo a sei anni e due mesi. Nel giudicare il caso di Franco Cioni, 74enne che il 14 aprile 2021 a Vignola (Modena) tolse la vita alla moglie Laura Amidei malata terminale, non si può considerare il gesto isolatamente “rispetto a tutta la condotta anteriore osservata dall’imputato nella dedizione, nella vicinanza e nel sostegno umano assicurato alla propria consorte per tutta la sua lunga malattia”.

Le testimonianze raccolte

Non si può non considerare “l’altruismo” di Cioni, come emerso dalle testimonianze, ha sottolineato la Corte di assise. Era stata la stessa moglie, in passato e agli esordi della malattia, a dirgli che non voleva essere portata in una casa di riposo. I due avevano vissuto insieme 45 anni e Cioni, hanno ricostruito le testimonianze raccolte, aveva assistito Amidei dal primo manifestarsi della malattia nel 2016 “con assoluta costanza e inesauribile dedizione”.

Modalità consone allo scopo

La corte d’assise nelle motivazioni della sentenza di condanna all’anziano, difeso dall’avvocato Simone Bonfante, spiega anche di aver tenuto conto che l’omicidio avvenne con “modalità consone allo scopo”, cioè con un cuscino e mentre la donna stava dormendo. “L’altruismo” di Cioni, testimoniato dal medico che aveva in cura la donna, dalla sorella della vittima e dai conoscenti, sottolinea ancora la Corte, “riflette un sentire sociale ormai sempre più presente in larghi settori della società civile che hanno vissuto o sono chiamati a vivere la drammaticità del fine vita di loro congiunti all’esito di malattie irreversibili, sempre più propensi a riconoscere nella condotta osservata dall’imputato la manifestazione di uno stato affettivo di amore pietoso che trova la propria legittimazione interiore nella lunga e assoluta compartecipazione emotiva per le sofferenze della vittima, ormai deprivata di ogni condizione di vita relazionale per l’incedere della malattia e l’ormai prossimo esito letale”.

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